Champions League: alla prova Messi, la Juve si sfalda

Dicevano fosse in crisi. Tra Clasico da dimenticare e rivoluzione societaria, il Barcellona di Koeman non si presentava al massimo alla sfida di Champions dell’Allianz Stadium contro la Juventus. Certo, neppure i bianconeri, privi di CR7 ed altri, erano annunciati in forma. Eppure, qualche speranza di strappare una vittoria albergava nella mente dei tifosi. E invece, non c’è stata partita. Uno 0-2 (Dembelè-Messi) per una sconfitta che avrebbe potuto anche essere più larga, al netto di 3 gol annullati per fuorigioco a Morata. Peraltro, unici tiri nello specchio della porta dei bianconeri. L’ex Neto non si è neppure sporcato i guanti, lui che tra i pali ha spesso alternato miracoli ad autentiche cappellate.

E così la Juventus del Maestro (per ora solo da calciatore), schierata con un 4-4-2 che diventa 3-5-2 ma anche 3-4-3, appare molle, senza idee, e viene triturata dal Barcellona che, di gambe e di pensiero, va a mille all’ora.

Quasi prigionieri di un’idea o di un’utopia, i giocatori bianconeri ruminano calcio a ritmo lento, affidandosi agli spunti di Cuadrado o Morata. Chiesa, abbandonato in alto a sinistra, è quasi mai servito e quasi sempre con tempi sbagliati; Kulusevski, tradito dall’emozione, sembra più il clone dell’ultimo Bernardeschi che il calciatore ammirato nella serie A. Dybala, invece, è ancora lontano dalla migliore condizione e contro gli assatanati blaugrana ha fatto la figura del pivello.

La Juventus è una squadra impalpabile, lontana da una identità ma anche solo dal concetto di squadra. Il gioco? Scolastico, che si concretizza nei lanci di Bonucci per le progressioni di Morata e in alcuni spunti di Cuadrado. Perché se non si corre, non si arriva da nessuna parte.

Il centrocampo bianconero è di livello mediocre, con tante comparse e nessun leader. Arthur (al quale Pirlo ha concesso solo 13′) è il più dotato tecnicamente, con la predilezione al gioco corto, pulito, ma per lo più improduttivo. Il resto, più adatto a corsa e recupero che alla costruzione. Deludente Bentancur, peggio di lui Rabiot, malissimo Bernardeschi, che in pochi minuti riesce solo a regalare il rigore della sicurezza al Barça.

Ramsey, che in questo scorcio è stato il più brillante in mediana, ha trascorso 90′ da spettatore non pagante. Chissà perchè… bisognerebbe chiedere lumi a Pirlo, visto che i 75′ concessi a Kulusevski sono parsi eccessivi, così come gli oltre 82 giocati da Rabiot.

Al di là della singola prestazione che (per carità!) conta molto, in questa Juve mancano carattere, identità, spirito di squadra. Una squadra che, già dall’interregno Sarri, appare avviata verso la fine di un ciclo irripetibile e, anche per questo, destinato ad interrompersi. Prima o poi.

Con la pandemia che ha stravolto ogni piano di mercato, Paratici ha scordato ancora una volta di migliorare il centrocampo e, pur di prendere Chiesa, ha fatto fuori Romero, De Sciglio, Pellegrini e Rugani, sguarnendo così la difesa

Difesa che già pativa l’assenza di De Ligt, gli infortuni a raffica di Chiellini e l’incognita Demiral dopo 8 mesi di stop. E così la linea difensiva bianconera recitava: Cuadrado, Bonucci (acciaccato), Demiral e Danilo. Se è questa la rosa per dare l’assalto alla coppa, forse sarebbe il caso di riporre i sogni di gloria nel cassetto. Nella speranza che, in un modo o nell’altro, grazie a CR7, si possa agganciare la qualificazione in Champions.

Con queste premesse, senza voler essere uccello dai cattivi presagi, la possibilità di un ciclo milanese (Milan o Inter che sia) è tutt’altro che peregrina. E dopo anni di successi, tocca ricostruire.