Juve, l’hai buttata via…

Inutile nasconderlo, la delusione è enorme. La 7 sconfitta su 9 finali fa male, molto più di quella del 2015. Sì, perché le condizioni per la vittoria c’erano tutte e il Real non sembrava irresistibile. Almeno per la Juve ammirata, per esempio, al cospetto del Barcellona. Di quella Juve, sabato abbiamo visto ben poco. Anzi nulla.

Fin dai primi minuti, le distanze in campo sono parse eccessive. I bianconeri non davano sensazione di compattezza, di giusta occupazione degli spazi. Una situazione in parte mascherata dall’abnegazione di alcuni uomini come Chiellini e Bonucci, capaci di tenere alta la difesa, Alex Sandro e Mandzukic sull’out sinistro, Pjanic in mezzo. Il resto? Poco o nulla. Higuain si è visto solo nei primi 10′, Dybala mai. Anzi, il numero 21 ha sbagliato ogni pallone, consentendo le ripartenze del Real. In una di queste (pasticcio con Alves) Ronaldo ha messo in porta l’1-0 al primo tentativo.

In qualche modo si trova il pari, grazie a una fantastica giocata di Mario Mandzukic. Era evidente però anche la difficoltà di Khedira nella copertura della mediana. Più in generale, l’uscita in pressing era spesso fuori tempo e consentiva a uomini come Modric, Kroos e Isco di uscire palla al piede e rendersi pericoloso. E Dani Alves? Anche il brasiliano è apparso fumoso e impreciso, incapace di dare sostegno a un Barzagli in ambasce contro Marcelo.

Infine, la sensazione era di un continuo scarica barile tra i giocatori bianconeri: fretta di liberarsi del pallone e poca voglia di accorrere in aiuto del compagno. Alla lunga il Real ha avuto la meglio, in particolare quando ha capito di poter spingere senza rischiare granché. Il 4-1 è stato la logica conseguenza di una squadra che sembrava più l’Inter che la Juve.

Quel che appare certo è che i ragazzi di Allegri siano arrivati alla finale con il fiato corto. Aver dovuto spingere al massimo per conquistare Scudetto e Coppa Italia, utilizzando praticamente sempre gli stessi uomini nelle zone nevralgiche, non ha giovato.

Lo abbiamo scritto più volte su queste pagine: il centrocampo della Juventus non è mai stato adeguato alle esigenze di un team impegnato su tre fronti. Appena 3 i mediani di livello (Pjanic, Khedira e Marchisio), compreso uno rientrato in novembre a 6 mesi da un infortunio importante. E per mettere una pezza, a gennaio la società ha acquistato Rincon, non certo Gerrard…

Alla fine, Allegri si è visto costretto a cambiare modulo: 4-2-3-1 con quasi tutte le punte in campo e il solo Pjaca come rincalzo. Questo per poter ruotare i 3 mediani e farne rifiatare uno ogni volta. Peccato che poi Pjaca si sia infortunato…

Così, mentre il Real faceva ruotare Bale, Morata, Isco, Asencio, James, la Juventus si “accontentava” di Rincon, Lemina, Sturaro, Asamoah e Lichtsteiner. Non proprio la stessa cosa. Nelle partite importanti, infatti, non si poteva prescindere dai  soliti 11 e il dispendio di energie richiesto a calciatori adattati in determinati ruoli, per sopperire alla poca fisicità in mezzo.

La questione “attributi” è un’altra storia. I 7 milioni accordati a Dybala ci sono parsi frettolosi ed eccessivi. A 23 anni, altri erano già campioni decisivi. Senza andare troppo lontano, Del Piero a 21 alzava l’ultima Champions bianconera realizzando tante reti decisive. Del Dybala 2016/17 ricorderemo la doppietta al Barça e poco altro. Di Higuain, invece, sappiamo che è un grande attaccante da campionato, molto meno in Champions. Tutto confermato. Per 90 milioni, la Juve avrebbe potuto comprare altro. Sarebbe servito un tipo decisivo quando serve, uno come Van Niystelrooy, possibilmente più giovane dei 29 anni del Pipita a cui difettano soprattutto il carattere e la sicurezza in determinati palcoscenici.

Anche la società dovrebbe affrontare la Champions non come un tabù da sfatare ma come una competizione da provare a vincere, al pari di Coppa Italia o campionato. Ma soprattutto, spendere i ricavi europei per acquistare veri Top Player, gente pronta (non avanti con l’età) e in grado di dare tecnica, fisicità e carattere alla squadra. Chi? I nomi fateli voi…

Juve e Champions, oggi è il giorno!

La storia della Juve in Coppa Campioni (e Champions League) è costellata di grandi partite ma anche di cocenti delusioni. Buona parte le ricordo perché vissute (anche se solo in TV). Diciamo che ricordo 7 delle 8 finali disputate dai bianconeri.

Si parte nel 1958/59. Male. Il primo turno mette di fronte La Juventus di Charles, Sivori e Boniperti agli austriaci del Wiener Sport. A Torino finisce 3-1 con tripletta del Cabezon ma il ritorno è da dimenticare: 7-0 e bianconeri già fuori.

Serviranno ben 14 anni per vedere finalmente la Juventus in finale. A Belgrado, di fronte al terribile Ajax di Cruijff, si presenta una squadra intristita e stordita da un lungo isolamento in Jugoslavia. E così, basta un gol di Rep al 4′ per riconsegnare la coppa ai lancieri di Amsterdam.

Dieci anni più tardi arriva la seconda finale, disputata ad Atene. La prima che ricordo, anche se non nitidamente. Ero un bambino appena ma già con grandi speranze di vedere trionfare i miei beniamini.

La Juventus questa volta arriva da superfavorita: gli 11 di Trapattoni sono i Campioni del Mondo di Spagna con l’aggiunta di Brio, Bonini, Platini e Boniek e si scontrano con la sorpresa Amburgo. Ma ancora una volta i primi minuti sono fatali: Felix Magath trova il jolly dalla distanza sorprendendo un distratto Dino Zoff: 1-0. Sarà il risultato finale. A nulla valgono i tentativi di rimonta, la coppa va in Germania.

Poi arriva il 1985 e l’Heysel. Lo ricordo come fosse ieri. Ero tesissimo e fiducioso. Negli ultimi anni la Juve aveva conquistato la Coppa delle Coppe contro il Porto e la Supercoppa Europea, al Comunale di Torino, proprio contro gli inglesi del Liverpool, su un campo ghiacciato e un pallone rosso che Boniek scaraventò per due volte alle spalle di Grobbelaar.

La partita però non iniziava. Bruno Pizzul parla di incidenti, forse di morti. Io non capivo cosa stesse accadendo. Volevo solo veder giocare e vincere la mia Juventus. Vedevo persone fuggire in campo, inseguite e colpite con manganelli dai poliziotti. Vennero portati via dei corpi. Fu un momento terribile e interminabile.  “Mi danno conferma che ci sono delle vittime”, disse Pizzul.

Dopo oltre un’ora la finale inizia. E al 58′, grazie a un rigore accordato per un fallo commesso fuori area, Platini firma il definitivo 1-0. Alla fine furono 39 i morti, 32 italiani, 4 belgi, 2 francesi, 1 irlandese. Dopo quella tragedia, la Coppa in bacheca fu detta maledetta e insanguinata.

Solo 11 anni più tardi arriverà la Coppa, anzi la Champions. Ancora una volta l’Ajax, campione uscente, che però questa volta è battuta ai rigori. Che gioia al rigore di Jugovic! La vittoria tanto attesa e una notte intera di festeggiamenti.

Attendo da quel giorno di esultare ancora. Le finali con Borussia Dortmund, Real Madrid, Milan e Barcellona riserveranno solo amarezze e qualche ingiustizia arbitrale di troppo.

Domani, però, è il giorno. Il giorno giusto per tornare ad esultare. L’ho visto negli occhi di Dani Alves, nella convinzione di Capitan Buffon, nella serenità di mister Allegri. ma soprattutto nella forza, tecnica, fisica e soprattutto mentale di una squadra che non vuole più aspettare.

Andiamo a prenderci la Coppa dalle grandi orecchie. Facciamola alzare a Gigi e poi anche a Nedved. Lui nel 2003 non giocò e pianse senza poter combattere. Facciamola alzare a un popolo bianconero che la aspetta e vuole vendetta sportiva per il fuorigioco che la regalò proprio al Real.

Oggi è quel giorno. Non si può più aspettare.

#finoallafine

Cardiff dietro l’angolo, la Juve c’è!

È la notte di mercoledì. Mancano poco meno di tre giorni all’ultimo atto della Champions League 2017. Juventus – Real Madrid. Tante le sfide europee nella storia della coppa dalle grandi orecchie, compresa la finale del 1998. Il bilancio è in perfetta parità: otto vittorie per parte e due pareggi, con 21 gol segnati dai bianconeri e 18 dagli spagnoli.

Primo incrocio nel ’61-’62, alla Juve non basta Sivori e va fuori nello spareggio di Parigi. Nel 1986/87, nuova contesa. Erano la Juve dell’ultimo Platini e i Blancos di Butragueno. Il Corriere dello Sport titola: “in piedi, entrano il Re e la Regina”. Proprio il n. 7 madrileno firma l’1-0 all’andata, impattato al ritorno da Cabrini, in gol al 3′. Saranno poi i rigori a mandare avanti il Real. Da quel momento, tante sfide equilibrate. Il Trait d’union è sempre il 7 merengue: da Butragueno a Raul, da Figo a Cristiano Ronaldo. Il numero del pericolo per la Juve.

Questa volta sarà anche BBC spagnola vs BBC italiana, certo, ma non solo. Gli ex Higuain e Khedira hanno voglia di dimostrare ai vecchi amici che forse non erano proprio da buttare. Conteranno i pruriti. Se la voglia e la passione bianconera supereranno la presunzione tecnica e storica degli spagnoli, allora alzare la Coppa non sarà impossibile.

Conterà la consapevolezza di poter giocare alla pari, senza paura, puntando sulle qualità di squadra, esaltando quelle dei singoli.

I gufi sono già pronti, appollaiati alla finestra. Sì, perché Nainggolan quella finale forse non la giocherà mai, come molti degli interisti che avrebbero chiesto a Kovacic (uno che gioca raramente) di battere la Juve. Saranno tanti gli italiani che sabato si vestiranno di viola, sicuri di assistere a una nuova affermazione di CR7.

Snocciolando la formazione madrilena la loro convinzione aumenta: Ramos, Marcelo, Kroos, Modric, Casemiro, Bale, Benzema e Ronaldo farebbero paura a tutti, certo. Il calcio, però, è un gioco di squadra…

In questo senso, saranno fondamentali Mandzukic e Dani Alves: toccherà a loro non lasciare Khedira e Pjanic da soli a fronteggiare il trio di mediani del Real e poi ripartire appoggiando Dybala e Higuain. Sarà una partita a scacchi nella quale neppure i pedoni verranno mossi incautamente. Serviranno grande corsa e compattezza. Vogliamo vedere Buffon alzare quella Coppa, dopo un lungo inseguimento. Per molti sarà l’ultima possibilità per farlo. E allora andiamo a prendercela. Andiamo a Cardiff!

#finoallafine