Champions League: alla prova Messi, la Juve si sfalda

Dicevano fosse in crisi. Tra Clasico da dimenticare e rivoluzione societaria, il Barcellona di Koeman non si presentava al massimo alla sfida di Champions dell’Allianz Stadium contro la Juventus. Certo, neppure i bianconeri, privi di CR7 ed altri, erano annunciati in forma. Eppure, qualche speranza di strappare una vittoria albergava nella mente dei tifosi. E invece, non c’è stata partita. Uno 0-2 (Dembelè-Messi) per una sconfitta che avrebbe potuto anche essere più larga, al netto di 3 gol annullati per fuorigioco a Morata. Peraltro, unici tiri nello specchio della porta dei bianconeri. L’ex Neto non si è neppure sporcato i guanti, lui che tra i pali ha spesso alternato miracoli ad autentiche cappellate.

E così la Juventus del Maestro (per ora solo da calciatore), schierata con un 4-4-2 che diventa 3-5-2 ma anche 3-4-3, appare molle, senza idee, e viene triturata dal Barcellona che, di gambe e di pensiero, va a mille all’ora.

Quasi prigionieri di un’idea o di un’utopia, i giocatori bianconeri ruminano calcio a ritmo lento, affidandosi agli spunti di Cuadrado o Morata. Chiesa, abbandonato in alto a sinistra, è quasi mai servito e quasi sempre con tempi sbagliati; Kulusevski, tradito dall’emozione, sembra più il clone dell’ultimo Bernardeschi che il calciatore ammirato nella serie A. Dybala, invece, è ancora lontano dalla migliore condizione e contro gli assatanati blaugrana ha fatto la figura del pivello.

La Juventus è una squadra impalpabile, lontana da una identità ma anche solo dal concetto di squadra. Il gioco? Scolastico, che si concretizza nei lanci di Bonucci per le progressioni di Morata e in alcuni spunti di Cuadrado. Perché se non si corre, non si arriva da nessuna parte.

Il centrocampo bianconero è di livello mediocre, con tante comparse e nessun leader. Arthur (al quale Pirlo ha concesso solo 13′) è il più dotato tecnicamente, con la predilezione al gioco corto, pulito, ma per lo più improduttivo. Il resto, più adatto a corsa e recupero che alla costruzione. Deludente Bentancur, peggio di lui Rabiot, malissimo Bernardeschi, che in pochi minuti riesce solo a regalare il rigore della sicurezza al Barça.

Ramsey, che in questo scorcio è stato il più brillante in mediana, ha trascorso 90′ da spettatore non pagante. Chissà perchè… bisognerebbe chiedere lumi a Pirlo, visto che i 75′ concessi a Kulusevski sono parsi eccessivi, così come gli oltre 82 giocati da Rabiot.

Al di là della singola prestazione che (per carità!) conta molto, in questa Juve mancano carattere, identità, spirito di squadra. Una squadra che, già dall’interregno Sarri, appare avviata verso la fine di un ciclo irripetibile e, anche per questo, destinato ad interrompersi. Prima o poi.

Con la pandemia che ha stravolto ogni piano di mercato, Paratici ha scordato ancora una volta di migliorare il centrocampo e, pur di prendere Chiesa, ha fatto fuori Romero, De Sciglio, Pellegrini e Rugani, sguarnendo così la difesa

Difesa che già pativa l’assenza di De Ligt, gli infortuni a raffica di Chiellini e l’incognita Demiral dopo 8 mesi di stop. E così la linea difensiva bianconera recitava: Cuadrado, Bonucci (acciaccato), Demiral e Danilo. Se è questa la rosa per dare l’assalto alla coppa, forse sarebbe il caso di riporre i sogni di gloria nel cassetto. Nella speranza che, in un modo o nell’altro, grazie a CR7, si possa agganciare la qualificazione in Champions.

Con queste premesse, senza voler essere uccello dai cattivi presagi, la possibilità di un ciclo milanese (Milan o Inter che sia) è tutt’altro che peregrina. E dopo anni di successi, tocca ricostruire.

La Juve fa 3-1. Napoli, sembri l’Inter

La Juventus vince 3-1 in rimonta grazie a un secondo tempo fantastico ma al 90′ si parla solo di (presunti) errori arbitrali a danno del Napoli.

Allegri stravolge tutto e si presenta con un 3-4-1-2 inedito e si vede. I bianconeri non mostrano il solito gioco rapido, fluido, e il Napoli palleggia provando a trovare la rete con tiri dalla distanza.

Nonostante tutto, le occasioni vere le ha la Juve con Dybala, Higuain e Mandzukic. E proprio sull’occasione della Joya, al minuto 8, Strinic spinge al momento del tiro. Sarebbe rigore e conseguente espulsione per il terzino azzurro.

Quindi, al 36′, Insigne serve Callejon in fuorigioco che firma lo 0-1. Allegri, infuriato, da qualche minuto provava a sistemare la squadra con il 4-4-2 ma né Lichtsteiner né Mandzukic recepivano il messaggio.

I campioni d’Italia sfiorano il pari con il croato e, sulla respinta, con l’estero elvetico ma al riposo il Napoli è avanti.

Alla ripresa, Allegri presenta Cuadrado per Lichtsteiner (già ammonito), tornando al 4-2-3-1. E la Juve torna la Juve. Al 66′ i bianconeri si ritrovano avanti 3-1 grazie a una doppietta di Dybala di rigore e al gol da “Core ingrato” di Higuain. Peccato che qui nascano le polemiche. Rigore n. 1: pestone di Koulibaly a Dybala, ineccepibile. Quindi, su un corner per il Napoli, Albiol va in contrasto tra Bonucci e Pjanic. I partenopei protestano ma sullo sviluppo dell’azione, Higuain lancia il contropiede di Dybala che serve Cuadrado davanti a Reina. In uscita, il portiere tocca la palla (che però non cambia direzione) ma poi travolge il colombiano. Rigore n.2: ineccepibile, almeno per chi conosce le regole.

Il finale di partita è da comiche: prima Giuntoli e Reina parlano di partita falsata senza accettare il contraddittorio, quindi la società Napoli twitta contro la telecronaca Rai.

Sembrava di rivedere le scene di un paio di Juve-Inter. Assurdo. Sportività e obiettività non dovrebbero mai mancare. Quel che resta è una differenza di valori evidente come mai negli ultimi anni, nonostante i primi 45′ giocati non al massimo. Tolto il gol di Callejon (in fuorigioco) e qualche conclusione dalla distanza, il Napoli non ha prodotto nulla. Attaccarsi a presunti torti arbitrali è la giustificazione dei perdenti. Consigliamo ai campani di guardare in casa propria per non buttar via una stagione, visti i prossimi fondamentali impegni (Roma e Real Madrid).

La Juventus, invece, sembra tagliata per il 4-2-3-1. Migliorare si può, in particolare sulla fascia destra. Lichtsteiner sembra più adatto al vecchio 3-5-2 di Conte, dove la corsa era privilegiata sulla tecnica, e meno ai moduli di Allegri, amante della tecnica. Dani Alves adesso sembra molto più dentro la realtà juventina e quindi pronto per aumentare il tasso tecnico e di personalità della squadra.

Sarà importante proseguire il turnover per mantenere ottimale la forma di tutti i giocatori in rosa, per arrivare ai crocevia stagionali al massimo. La Juve vuol continuare a sognare e far sognare i tifosi.

#Finoallafine

Caso Bonucci, esempio per tutti

Giornata convulsa per la Juventus quella di ieri. La vigilia di Champions è stata infatti “avvelenata” dall’annuncio dell’esclusione di Leonardo Bonucci dalla sfida di Oporto. Il difensore bianconero finirà in tribuna al Dragao, conseguenza del litigio di venerdì scorso con mister Allegri.

Una decisione forte che ha scatenato le proteste dei tifosi. Il numero 19 è infatti considerato un pilastro della retroguardia juventina, ancor più di Barzagli e Chiellini (spesso vittime di acciacchi), e affrontare un ottavo di finale di coppa senza il regista difensivo ai più appare un azzardo, un scelta esagerata.

Inoltre, i supporters trovano ingiusto che siano stati usati due pesi e due misure: Dybala e Lichtsteiner l’hanno fatta franca, non Leo.

Osservazioni, però, discutibili. Intanto perché la Juventus ha fatto a meno di Bonucci per un mese e mezzo senza conseguenze catastrofiche, riscoprendo un Rugani all’altezza.

Quindi, parlare di differenze di trattamento è sbagliato.Intanto perché Dybala, che ha sbagliato, é un 23enne, non è un veterano della Juve, un punto di riferimento dello spogliatoio come Bonucci. Leo è uno dei “senatori” e da un senatore ci si aspetta altro che un violento litigio verbale in campo o una corsa nervosa verso lo spogliatoio al fischio finale, forse per una resa dei conti con il mister.

Allegri e la società hanno deciso così per dare un esempio a tutti. Perché tenere uno spogliatoio significa a volte fare scelte esemplari. La stagione non finirà stasera e gli obiettivi da conquistare sono tanti e sarà necessaria l’unità di intenti. Bonucci è un grande giocatore, molto apprezzato da chi scrive, ma il gruppo viene prima.

Chiosa finale. Si parla del rischio di un addio del difensore a fine stagione ma in verità sarebbe una dimostrazione di debolezza da parte di Bonucci, di incapacità di gestire un momento critico. Se così fosse, troverebbe società pronte ad accoglierlo, naturalmente in cambio di almeno 60 milioni. Perché i calciatori passano, la Juventus resta.

 

Juve – Palermo, ultimo test Champions

Sarà un venerdì insolito per la Juventus, un venerdì di campionato che vedrà i Campioni d’Italia affrontare il Palermo di Lopez, relegato al terzultimo posto in classifica e lontano 8 punti dalla zona salvezza. Un anticipo vista Champions che sulla carta non dovrebbe avere storia ma che nasconde, come sempre, delle insidie.

Sì, perché i rosanero arriveranno allo Stadium senza pressioni ma non senza grinta e voglia di stupire. Basti pensare a quanto fatto al S. Paolo appena tre settimane fa: avanti per gran parte dell’incontro, il Palermo è stato raggiunto solo a metà del secondo tempo a causa di un errore del portiere Posavec, fin lì perfetto.

Sarà quindi fondamentale approcciare bene l’incontro. L’assenza dello squalificato Mandzukic, apparso svogliato a Cagliari, ripropone la questione modulo: continuare con il 4-2-3-1 o tornare al 4-3-3?

Dipenderà da Pjaca, bacchettato da Allegri in conferenza stampa per la scarsa grinta mostrata in campo. Come dar torto al mister. La giovane promessa croata non ha mai inciso, sempre alla ricerca della giocata a effetto e poco propenso al sacrificio. Alla Juve non funziona così. Se giocatori già affermati come Higuain, Mandzukic, Cuadrado, Dybala e Pjanic si sacrificano per la squadra, a maggior ragione dovrebbe farlo chi ha ancora tutto da dimostrare.

Dopo la maglia da titolare con il Crotone (non proprio il Real Madrid), nuova occasione al cospetto di un’altra formazione non irresistibile con, questa volta, il supporto dello Stadium. Il buon Pjaca non dovrà davvero fallire se vorrà prendersi la Juve e convincere dirigenti e allenatore della bontà dell’investimento.

Altro osservato speciale sarà Dybala, ultimamente apparso lontano parente del campioncino ammirato la scorsa stagione. Da lui solo sprazzi di classe e troppa sufficienza nell’approccio alle partite. I motivi? Scegliete voi tra contratto, sirene spagnole e presunzione. Tra cinque giorni si va in Portogallo per gli ottavi di coppa, non è più tempo per le ragazzate, lo capisca il buon Paulo.

Per il resto, Higuain sarà ancora titolare (con Kean pronto a dargli respiro in caso di risultato in cassaforte), mentre dietro si rivedranno Dani Alves, Asamoah e uno tra Benatia e Rugani. In mezzo, a seconda del modulo, vedremo Marchisio con Sturaro o Rincon e Pjanic sulla trequarti o il bosniaco accanto al Principino bianconero con Pjaca esterno a sinistra.

L’importante sarà conquistare i 3 punti senza troppi sforzi per poi concentrarsi sul Porto. Non si può mollare un centimetro: la distanza tra vittoria e disfatta non è mai troppa.

 

 

 

Gli scoop che puzzano di scuse…

“In Italia si scansano, in Europa no”. Sarebbe questa la spiegazione data negli spogliatoi dal capitano Buffon per le difficoltà in Champions, almeno secondo la Gazzetta.

Posto che la differenza tra i due tornei è lapalissiana, che la poca intensità non sempre impedisce ai bianconeri di vincere in Italia grazie alla loro superiore cifra tecnica, quel che la Rosea ha pubblicato è parso uno zuccherino per i suoi più assidui lettori, i tifosi interisti e milanisti, ovvero i più accaniti anti-juventini (almeno al pari di romanisti, viola e napoletani). Sì, perché dopo oltre 5 anni di bocconi amari, di campagne acquisti fallimentari e di sconvolgimenti societari, quel che resta all’altra metà d’Italia è giustificare le sconfitte con fantomatici complotti o presunte arrendevolezze.

La teoria dello scansarsi è confutata dall’inizio dello scorso campionato: in 10 partite, la Juventus collezionò 3 vittorie e ben 4 sconfitte, perdendo punti allo Stadium contro Udinese, Chievo e Frosinone, non esattamente la versione italiana di Barça, Real e Bayern, e uscendo sconfitta su tutta la linea anche a Roma, Napoli e Reggio Emilia (con il Sassuolo).

E quest’anno? Solo le giocate dei singoli hanno permesso determinate vittorie (Fiorentina, Palermo, Udinese, Napoli, Lazio) e le due sconfitte milanesi non sono figlie della forza dell’avversario ma solo di prestazioni al di sotto del minimo sindacale consentito.

Che la serie A non sia là Premier è vero, ma ricordo che in Germania c’è sempre e solo il Bayern, con il Dortmund a fare da sparring partner, nella Liga a dividersi la torta le solite Real, Barcellona e Atletico Madrid con Siviglia outsider, in Francia solo PSG (e quest’anno il Nizza  di Balotelli). In Italia, la Juve è tallonata da Napoli (a lungo in testa la scorsa stagione) e Roma, con Fiorentina, Inter e Milan a dar fastidio. Non credo ci siamo molte differenze. Anzi. In Spagna e Germania, Real, Barça e Bayern realizzano spesso goleade, alla Juve non accade praticamente mai.

Putroppo, quando c’è di mezzo la Juventus, l’invidia offusca le menti. Di reale c’è una rosa enormemente più forte delle altre in Italia e che si confronta alla pari in Champions Quando si è sullo stesso livello dell’avversario, i dettagli fanno la differenza. E correre o non farlo fa una grande differenza. Per questo Allegri ha detto che si deve far la guerra solo quando si ha la possibilità di vincerla, perché è consapevole del momento difficile. E in queste occasioni, l’importante è conquistare buoni risultati per non perdere fiducia, in attesa di tempi migliori.

A gennaio, poi, Marotta dovrà fare quel che non ha fatto a fine agosto, ovvero completare il centrocampo con innesti di qualità. Lo abbiamo già scritto: ok a Witsel e Bentancur, ma un grande colpo sarebbe strappare l’intristito  Kondogbia all’Inter. E la confusione regnante nella società meneghina potrebbe facilitare questo affare…

Campionato aperto, tutti felici…

Che non sarebbe stato un campionato semplice lo sapevamo fin dall’inizio, in barba a coloro che affermavano che la Juve avrebbe vinto a mani basse. Perché a calcio giocano degli uomini, non i personaggi della Play Station, e gli uomini, seppur atleti, hanno alti e bassi nelle prestazioni.

La Juventus non è in forma, questo appare chiaro, e così vincere contro avversari grintosi, benché tecnicamente meno dotati, diventa più difficile. Le sconfitte con Milan e Inter, le difficoltà incontrate con l’Udinese, il Palermo, il Lione, sono lì a dimostrarlo.

Adesso che Roma e Milan sono a -2 dalla vetta, il Napoli a -4, la serie A torna ad essere la più bella per molti. Certo, se l’errore arbitrale avesse danneggiato il Milan, tutti avrebbero urlato al complotto, invece così va bene. Perché in fondo, tutti gli altri tifosi staranno pensando che la Juve se lo sia meritato. Anche se è il Milan ad aver ricevuto più rigori dal 2010 ad oggi (anche se da anni non è tra le squadre migliori), seguito dal Napoli, e l’ultima vittoria rossonera (prima di sabato) sulla Vecchia Signora era stata sempre segnata da un errore arbitrale di Rizzoli (rigore per Robinho).

La Juve, però, non si attacca a questo, perché i più forti guardano alle proprie mancanze, non montano casi sui dettagli. I bianconeri non hanno protestato, non ci saranno interpellanze parlamentari, e hanno accettato, come è giusto, il risultato del campo.

Allegri dovrà intervenire su condizione fisica, modulo e testa dei giocatori. Sì, perché la Juventus oggi appare un po’ meno squadra e più somma di grandi individualità. Manca abnegazione, concretezza, voglia di sacrificarsi per il compagno. Ogni calciatore pensa più alla giocata personale a effetto che all’utilità della stessa. Vedi il tiro da centrocampo di Dybala (fatalmente causa di un infortunio), le leziosità di Alves, le reiterate conclusioni di Cuadrado, l’indolenza di Mandzukic, la superficialità diffusa nelle giocate, spesso scolastiche. Forse qualcuno si è davvero illuso che vincere sarebbe stato facile, che sarebbe bastato scendere in campo per ottenere le vittorie. Assurdo. Ci vorrebbe un’altra bella tirata d’orecchie del duo Buffon-Evra. Perché la maglia si deve sudare.

E per far questo è necessario riprendere a correre, occupando gli spazi lasciati vuoti dagli avversari, a pressare compatti per recuperare presto il pallone e far male. La Juve lo fa poco, 10/15′ a inizio partita per poi tornare compassata, capace di far solo passaggi brevi e sui piedi. Così si attacca e si difende peggio.

Ultimo punto, il modulo. Da abbandonare subito il vetusto 3-5-2, poco adatto al pieno sfruttamento dell’organico, a favore del più completo 4-2-3-1, schieramento che farebbe la fortuna di Higuain e degli esterni. E di giocatori di fascia ne abbiamo così tanti (Lichsteiner, Alves, Cuadrado, Evra, Sandro, Pjaca) che continuare a non utilizzarli sarebbe un delitto.

Urge un cambio di rotta immediato, prima di entrare in strane e dannose spirali. Dopo un calciomercato roboante (centrocampo escluso) non vincere sarebbe gravissimo sotto tutti i punti di vista.

 

Con l’Udinese per provare la fuga

Dopo gli alti e bassi con le nazionali, i bianconeri tornano a respirare la Serie A. Dopo 3 trasferte consecutive (Champions compresa), la Juventus ospita quell’Udinese che poco più di un anno fa aveva dato il via alla crisi della banda Allegri, durata poi ben 10 giornate, e che oggi si presenta allo Stadium in difficoltà e con in panca Gigi Del Neri, nuovo condottiero dei friulani.

Finalmente si è rivisto Marchisio correre e segnare in allenamento, forse pronto per la prima convocazione post infortunio. Al ritorno del Principino, da aggiungere il recupero di Chiellini e Benatia, l’ottima forma di Mandzukic (4 reti in due partite con la Croazia) e del ritrovato Hernanes.

Certo, la prima partita dopo la sosta è sempre un tranello, ma il turno prevede un Napoli-Roma che, comunque vada, consentirebbe a una Juventus vittoriosa di allungare su una delle due inseguitrici o anche entrambe.

Allegri probabilmente punterà sulla vera di SuperMario è un Dybala che con l’Argentina ha riposato, su Lichsteiner e forse anche Sturaro. La vittoria, come sempre, è d’obbligo. Una fuga d’ottobre sarebbe auspicabile in vista del doppio impegno di Coppa con il Lione, fondamentale per la conquista degli ottavi.

Juve in HD, è 3-0 all’Empoli

Una Juventus in crescita vince la sua terza trasferta consecutiva e va alla pausa in serenità e in testa alla classifica.

L’Empoli ha provato a chiudersi con tutti gli effettivi dietro la linea della palla, intasando spazi e linee di passaggio, riuscendo nel proprio intento almeno nel primo tempo.

Eppure Khedira, trovato splendidamente da Pjanic, ha divorato un gol a due passi dalla linea, spedendo la palla sulla traversa, mentre Cuadrado non ha sfruttato un’altra invenzione del bosniaco facendo fare una bella figura a Skorupski.

E Higuain? Si vede in qualche appoggio e poi solo al 44′ quando, con una super giocata quasi dal fondo, ha costretto un difensore toscano al salvataggio sulla linea.

Nella ripresa cambia la musica, soprattutto quando Lemina rileva uno stanco ed evanescente Khedira. Da un’azione di Alex Sandro che, per la prima volta nella partita, riesce a trovare l’assist giusto per Dybala che nasce l’1-0: la Joya controlla di destro e brucia la rete con un gran sinistro. È il 65′.

Neppure il tempo di riprendersi che gli uomini di Martusciello subiscono uno splendido uno/due di Higuain. Si parte con un gran recupero con percussione di Lemina che serve il numero nove che avanza e dai 16 metri esplode un terrificante sinistro che si infila alle spalle del portiere empolese. E dopo appena 3′, ecco l’errore di Zambelli che sbaglia un retropassaggio lasciando Higuain davanti alla porta che salta Skorupski e chiude la partita. Tre gol in 5′, da record!

Entrano anche Pjaca e Sturaro, con il croato che si mette in mostra con un paio di giocate, andando vicino al 4-0.

Buona prova, ancora una volta, di Hernanes nei panni di regista davanti alla difesa. Bene anche Pjanic e Cuadrado, esterno sempre in grado di spaccare le partite. La condizione sale così come salgono di livello la prestazione e la fluidità di gioco.

Il risultato che lancia i bianconeri in mini-fuga, in virtù dell’inattesa sconfitta del Napoli a Bergamo. Adesso arriva la pausa. A metà ottobre si ripartirà da un buon 18 a 14 e forse con un Marchisio in più.

 

Poker servito, EuroJuve ok

Vittoria doveva essere e vittoria è stata. La Juve di coppa torna al successo esterno in Champions e lo fa con un tranquillo 0-4 firmato Pjanic, Higuain, Dani Alves e (finalmente!) Dybala.

Certo, la Dinamo Zagabria si è dimostrata poca cosa, con 11 giocatori impegnati a occupare la metà campo croata dal primo all’ultimo istante di gioco.

Il ritmo blando imposto dai padroni di casa ha favorito la tecnica ragionata della Juventus, con Pjanic sugli scudi, un Hernanes ordinato e Dani Alves sempre frizzante. Il gol da rapace dell’area  di rigore dell’ex romanista ha spaccato la partita, chiusa 7′ dopo dal Pipita servito da un delizioso assist del numero 5 bianconero. In mezzo, una traversa della Dinamo sugli sviluppi di un calcio piazzato, figlia delle solite amnesie su palla ferma.

Da lì in poi è stata accademia pura, interrotta dal ritorno al gol di Dybala con un siluro dai 20 metri e dal poker di Alves, ancora una volta condito da una deviazione decisiva.

Infine, con l’uscita dal campo di Barzagli e l’ingresso di Pjaca al 66′, Allegri ha provato per la prima volta il 4-2-3-1, una formula che tornerà utile quando ci sarà da attaccare con qualità squadre abbottonate.

Una partita che, come nelle previsioni, doveva essere vinta per rilanciare in classifica le quotazioni della Juve, prima con 4 punti  a braccetto con il Siviglia, vittorioso per 1-0 sul Lione. Le 4 perle odierne regalano ai torinesi il primato per differenza reti.

Adesso domenica avremo l’ultimo test prima di una salutare sosta. Come confermato da Marotta, servirà ancora un po’ di tempo prima di vedere la vera Juve in campo, per questioni di amalgama e condizione. Un successo ad Empoli (diverrebbe il terzo consecutivo in trasferta) sembra indispensabile per trascorrere in serenità la pausa per le nazionali.

Missione Champions, a Zagabria vittoria d’obbligo

“A centrocampo? Giocheranno Hernanes, Khedira e Pjanic. Dietro si gioca a 3”. Questi alcuni dei passaggi fondamentali nel discorso di Allegri durante la conferenza stampa di ieri, alla vigilia del secondo turno di Champions.

Nonostante gli infortuni di Benatia, Rugani e Asamoah, la Juventus non cambierà modulo ma soltanto qualche uomo. Higuain ci sarà, probabilmente Dybala, in forse Alex Sandro, quasi certa, invece, la presenza dal 1′ di Dani Alves. L’undici è fatto, non resta che giocare e provare a vincere. La Dinamo Zagabria sarà anche la cenerentola del girone H ma i croati, si sa, sono dei lottatori e daranno filo da torcere ai bianconeri.

Se poi la Juve si presenterà in modalità Inter o Palermo, portare a casa i 3 fondamentali punti sarà oltremodo complicato. Questa sera servirà una squadra affamata, grintosa, certamente più brillante rispetto alla versione trasferta ultimamente “ammirata”.

Il girone di Champions prevede 6 incontri e sbagliare la seconda uscita, dopo aver già fallito l’esordio, sarebbe un disastro. Certo, nella stagione 2012/13 la Juventus raccolse appena tre pareggi nei primi tre incontri per poi vincere le restanti tre sfide e qualificarsi come prima del gruppo, ma sfidare la sorte sarebbe un grosso rischio.

Oggi servirà una buona Juve per conquistare il successo. La missione è possibile ma nulla è scontato: le vittorie mercatare e la collezione di figurine le lasciamo ad altri.